Vicente Perez, quando lo incontriamo, ha “appena” 88 anni. Sembra un musicista jazz dallo sguardo sornione e dalla risata cinematografica.
“Sono stato il primo a cui il Che disse che non sarebbe rimasto per sempre a Cuba – ricorda con orgoglio -. Ci incontravamo di nascosto, io ero iscritto al partito comunista e lui stava cercando di formare un gruppo di operai da usare contro il regime e il sindacato, che allora appoggiava Batista. Ci incontrammo tre o quattro volte, facevamo lunghe chiacchierate, lui fumava la pipa e io gli portavo in regalo del mate. ‘Comandante, la faremo cittadino cubano, gli dissi un giorno’. Lui rispose: ‘Amo molto Cuba, ma ho un debito con l’America’ e non aggiunse altro. Era serio, di poche parole, a differenza di quello che molti credono era un uomo normale. Non come Fidel, davanti a lui ti sentivi sempre una formica”.
Ad avere ancora oggi una vera e propria venerazione per il lider maximo, per esempio, è Rosa Gonzalez, 72 anni, tra le fondatrici delle organizzazioni femminili dell’isola. A soli 22 anni, Rosa si ritrovò “senza accorgersene” a fare la messaggera per Che Guevara, allora nascosto con i suoi nella Sierra Maestra.
Rosa è solo una dei 30-40 mila pensionati volontari al servizio del regime: dopo aver terminato il lavoro continuano a prestare la loro opera, formando i giovani sul lavoro o comunque impegnandosi a tramandare gli “ideali della rivoluzione”.
Non tutti gli anziani però sono così fedeli e basta camminare per l’Avana per rendersene conto.
Amado ha 76 anni e vende caramelle per strada. “La pensione non mi basta per vivere – spiega – così arrotondo un po’ e il governo chiude un occhio”. Lui la rivoluzione l’ha vissuta “in disparte” e non lascerebbe mai Cuba per i suoi affetti, “ma capisco chi se ne va – dice - soprattutto i giovani. Qui ci sono molte difficoltà e povertà”.
Poco più in là, dal marciapiede dove due volte a settimana arrotonda, riparando scarpe e borse, Enrique, 23 anni, tuona: “Voi stranieri vi siete mai chiesti perchè voi potete viaggiare e noi no?”.
Se Fidel incanta ancora i vecchi rivoluzionari, le nuove generazioni sentono sempre più il fascino delle tentazioni e delle libertà occidentali, finora promesse a molti e concesse a pochi.
“Noi non abbiamo paura dei prossimi 20 anni – sentenzia fiducioso il vecchio azucarero Martell - sappiamo che alcuni si lamentano. Ci sarà sempre una piccola parte contraria, ma non sarà mai la maggioranza dei cubani. E poi, noi ci fidiamo dei giovani: in fondo, sono i nostri nipoti”.
di Anna Maria Selini
pubblicato su l'Eco di Bergamo, martedì 27 gennaio 2009
Nessun commento:
Posta un commento