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mercoledì 11 ottobre 2017

Il Maestro del profumo. Tra essenze, premi Oscar e spiritualità

Si muove tra gli scaffali di legno di una farmacia del ‘700, indossando guanti bianchi e maneggiando con cura piccole ampolle con alcune delle materie prime più rare al mondo. Ha imparato i segreti del mestiere sull’isola di Cipro e ha iniziato a “contar gocce” nella lavanderia di casa. Ma presto le sue creazioni sono finite tra gli scaffali di Harrods e le collezioni di grandi stilisti e oggi è lui, Sileno Cheloni, 47 anni, a fregiarsi del titolo di Maestro profumiere.

“Il profumo è storicamente un modo per avvicinarsi al divino – spiega – e il naso l’unico organo deputato alla verità: ci avverte prima della bocca se qualcosa è buono o cattivo ed è lui il primo a scegliere l’amore”.

Originario di Lucca, Sileno sente fin da ragazzo la “necessità di esprimersi artisticamente” e frequenta così la scuola di design con specializzazione in fotografia, vivendo sia in Spagna che in Gran Bretagna. Tornato in Italia inizia a realizzare opere pittoriche, interi dipinti di case private e installazioni, ed è lì che scatta qualcosa.

“Ho sempre avuto la passione per il profumo – racconta – e a un certo punto ho pensato di realizzare opere multisensoriali, accostando colori e profumi. Ho iniziato una ricerca, non esistono scuole per fare il profumiere, è un vero lavoro artigianale che qualcuno ti deve insegnare, e mi sono imbattuto così in un Maestro di Cipro, un autentico guru. Quando lo andai a trovare sull’isola fui travolto da sensazioni e odori, fu un’esperienza prima di tutto spirituale. Profumo significa ‘attraverso il fumo’ – continua Cheloni – già in epoca pre-cristiana si bruciavano legni e incensi per avvicinarsi e chiedere qualcosa a un’entità superiore. E’ il nostro modo di avvicinarci al divino e una creazione immateriale, proprio come la fotografia, la mia altra passione. Non si inventa nulla, si coglie qualcosa che esiste già”.

E’ con l’idea di “riportare in occidente questo tipo di cultura, che oggi sopravvive solo in Oriente, dove ancora si comprano le materie prime per farsi un profumo e tutto, a partire dal benvenuto in casa con gli incensi, viene profumato”, che Sileno crea ‘Rosso’, in onore ai colori e al suo maestro e, grazie ad una conoscenza, riesce a presentarlo al responsabile del settore profumeria dei grandi magazzini Harrods, che ne acquista subito una partita.

Segue l’apertura del primo laboratorio a Lucca, finché nel 2008, uno dei suoi soci, Mauro Arena, si innamora di un’antica farmacia di Firenze e nasce AquaFlor, una bottega di profumi dal fascino d’altri tempi. Un po’ laboratorio, un po’ vetrina: è qui che Sileno crea, attraverso quello che tecnicamente si chiama ‘Organo’, ovvero un insieme di ampolle e contenitori con 1500 essenze pure.

Aquaflor ha ormai una propria collezione, ma realizza anche profumi personalizzati (a partire da prezzi accessibili), ha una linea di saponi e cosmetica e vanta collaborazioni con brand come Gucci, Lamborghini e Richard Ginori. Tra i clienti figurano personaggi dello spettacolo e della politica, come Panariello, il premio Oscar Hellen Mirren e Matteo Renzi.

La prossima creazione? “Stiamo cercando di dare un profumo al Crocefisso di Santo Spirito di Michelangelo – conclude Cheloni -. E’ in legno di cipresso e per lungo tempo si credette perduto. E’ un progetto realizzato in collaborazione con associazioni locali per raccogliere fondi sempre utili per la manutenzione”.

Pubblicato su CNAStorie

lunedì 18 gennaio 2016

Sotto le stelle di Uluru

E’ una Monument Valley australiana quella che tutti conoscono con il nome di Ayers Rock. In realtà il vero nome, quello aborigeno, è Uluru, il famoso monolite che cambia colore in base alla luce del sole. Principalmente rosso, il rosso mattone tipico del deserto australiano, a causa dell'alta percentuale di ferro, diventa ocra, bronzo o violaceo a seconda dell'ora e della stagione.

Tra i siti dichiarati Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco, Uluru è una sorta di gigantesco iceberg roccioso. E’ alto 380 metri, ma ben 7 chilometri sono sotto la superficie terrestre. Tanto che qualcuno si è spinto a ipotizzare che si tratti di un antichissimo satellite caduto e conficcatosi nel suolo terrestre.

Per i turisti una foto di rito, per gli aborigeni molto di più. Un luogo sacro. Un mito fondante. Uno dei racconti del Dreaming, il Tempo del sogno, quando per loro tutto ebbe inizio.

Ho scoperto il Dreaming grazie al mio compagno di viaggio Bruce Chatwin. Ne Le vie dei canti, infatti, spiega e ripercorre la mitologia aborigena.

Gli aborigeni sono tra i popoli indigeni più antichi della terra: la abitano da oltre 40 mila anni. Quel che ne resta oggi è purtroppo il risultato di anni di soprusi coloniali, mancata integrazione e scelte politiche non sempre adeguate. Ma questo è un altro discorso.

Tornando al Dreaming, si narra che in quel tempo gli antenati (creature ancestrali sia uomini che animali) crearono le cose, semplicemente nominandole. Prima di allora il mondo non esisteva, o meglio era un insieme confuso di elementi: è con la parola, il racconto, che tutto ha preso vita. E raccontare ancora oggi quelle storie significa tramandare più della propria cultura, bensì l'essenza stessa dell’universo.

Amo l'idea che la creazione coincida con il viaggio e il racconto.

I miti del Tempo del sogno sono tramandati ancora oggi in forma di canti: ogni canto racconta il viaggio di scoperta degli antenati attraverso il mondo e la loro opera di 'creazione'. La cosa straordinaria è che ogni canto è una vera e propria mappa, valida ancora oggi per muoversi attraverso l'Australia. Nel canto ci sono riferimenti ai luoghi sacri (ex. Uluru) per ogni tribù, la storia della loro nascita e il cammino per raggiungerli. I canti sono tramandati e custoditi gelosamente dagli aborigeni, che ci rivelano e consentono di visitare o fotografare solo una parte dei loro luoghi sacri.

Tra questi, Uluru è il 'monumento' per eccellenza, un insieme di miti e luoghi creati dagli antenati durante il loro viaggio di scoperta e creazione, lungo il quale lasciarono numerose tracce del loro passaggio. Per esempio, secondo il mito, Tatji, la Lucertola Rossa, giunse a Uluru e lanciò il suo boomerang (kali) che si piantò nella roccia. Tatji scavò nella terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi sulla superficie della roccia, tuttora visibili. Non avendolo trovato, morì in una caverna: i grossi macigni che vi si trovano oggi sono i resti del suo corpo. E così molte altre storie a spiegare le caratteristiche del gigantesco monolite.

Quello che per noi è una semplice roccia, insomma, per gli aborigeni può avere un significato enorme. Monumenti sacri naturali, che meritano il loro e il nostro rispetto.  Tanto che nella costruzione della ferrovia che attraversa da Sud a Nord l’Australia – racconta Chatwin – il governo e la compagnia che doveva decidere l’itinerario ha consultato gli aborigeni per preservarne i luoghi sacri. Uno dei pochi accorgimenti dedicati dai vecchi governi australiani alla popolazione indigena.

Anche per questo, il passaggio di proprietà di Uluru dal governo australiano ai legittimi proprietari ha segnato una tappa fondamentale nella lotta per il riconoscimento dei diritti degli aborigeni. Nel 1985 l’Uluru-Kata Tjuta National Park è stato restituito alla comunità locale degli Anangu che ora possiedono l'intera zona e la amministrano con l'ente governativo federale.

Gli Anangu hanno richiesto più volte che i turisti non scalino Uluru, nel rispetto del luogo sacro e anche per questioni di sicurezza. Ma c'è chi continua a farlo.

Io ho preferito cenare sotto le stelle di Uluru, un'esperienza meravigliosa, perché gli astri dell'emisfero australe non sono gli stessi che vediamo in quello boreale. Ed esattamente come i sogni aborigeni, anche le stelle dall'altra parte del mondo raccontano di miti e leggende a noi sconosciute.


martedì 12 gennaio 2016

Kangaroo island

Calma e silenzio. Lentezza. Spazio. Natura. Con la N maiuscola. Perché nella terza isola più grande dell'Australia, nei territori del Sud, è lei, la Madre di tutte le madri, a farla prepotentemente da padrona. Con le sue piante gigantesche, le distese interminabili di foreste in cui si inseriscono rispettose le poche strade che le attraversano e soprattutto loro, gli animali: protetti, selvaggi, liberi.

L'isola dei canguri, dei leoni marini, dei koala, dei wollabee. Se ovunque puo' succedere di incontrarli, qui e' doveroso, magico, vero.

I koala non si abbracciano, come allo zoo di Cairns, uno dei pochi dove è permesso farlo (secondo il sito sono solo 8 i posti al mondo dove è possibile) e dove l'ho fatto per 20 dollari e poca soddisfazione. Qui si incontrano, si osservano, al massimo a piccola distanza. Siamo noi gli estranei e loro i padroni di casa. Sospettano, ringhiano, graffiano. Ed emozionano nel loro autentico stato.

Ho visto koala abbracciati ad alberi altissimi, ho visto una madre con un cucciolo, due peluche viventi, ho sentito un animale ringhiare ferocemente e ho scoperto stupita essere il 'tenero' marsupiale che difendeva il proprio spazio.

Ho sottovalutato il 'nulla' di Kangaroo island. Uno stato primordiale difficile da gestire per noi uomini 'civilizzati'. A tratti l'ho odiato, ma una volta partita, tornata sulla terra ferma e poi da li' in Europa, ho capito di averlo amato.

Se chiudo gli occhi vedo il mare verde di foreste che abbiamo attraversato, i gusci di rocce vulcaniche su cui ci siamo arrampicati, a picco sull'oceano arrabbiato.
Rimpiango la calma australe e quel silenzio così forte da rendere eterno il mio primo e ultimo tramonto sulla spiaggia di Adelaide.

Hasta siempre Australia.

lunedì 26 agosto 2013

Cazza la randa


Via col vento

La prima luna rossa non si scorda (e fotografa) mai



Cercasi guardiano disperatamente

Caffè all'onda
S-confinati

Island mail

Dolcezza marina

Invidia
La quiete dopo la tempesta

La spiaggia della luna


giovedì 23 agosto 2012

Prospettive


Quello che per alcuni è l'orlo del burrone
per altri è un punto più alto d'osservazione.

Bocche di Bonifacio, Corsica.

sabato 4 febbraio 2012

La nevicata del 2012

                                                                         Qualcuno l'ha soprannominato "Alemanno". 

                                                                                             Tutti (ai) Fori. 

                                                             Battaglia di palle di neve da una parte all'altra dei Fori.

                                                                             El campeon de tiro di palle di neve.

martedì 7 settembre 2010

Latina e dintorni

Mai visti tanti castelli come quest'estate. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, castello Caetani, a Sermoneta, Latina. Delizioso borgo medievale affacciato sull'Agro pontino. Terra di pionieri, coloni (nelle campagne si parla ancora in veneto!), bonifiche, Fasci e successivi sfasci (dei palazzinari).

giovedì 11 dicembre 2008

La Tour blEU

In occasione del semestre alla guida dell'Unione europea, la Francia ha vestito il suo simbolo più famoso con la bandiera della Ue.
Dal 1 gennaio 2009 il testimone passerà alla Repubblica ceca. Chissà se il meraviglioso ponte Carlo, a Praga, subirà la stessa metamorfosi.
Comunque, vista dal vivo, la Tour blEU c'est très très jolie. Non c'è che dire.

martedì 28 ottobre 2008

Iddu, le stelle e l'ape (cross)

A Stromboli si diventa gatti. Specie quando cala la sera e ci si perde tra i gomitoli di strade. Nel buio, in silenzio, senza paura. Unica luce quella delle stelle, così grandi e numerose che anche i miopi riescono a contarle. Ma i turisti, più matematici che poeti, in tasca hanno sempre una pila.
"Iddu", il vulcano, brontola come una vecchia caffettiera. Silenzioso. A scatti. Bolle e ribolle, per spegnersi e infinitamente ricominciare.
La mattina avvolge ogni cosa con il suo pennacchio fumoso, la sera, a volte, si concede: gli "stranieri" a bocca aperta e con qualche timore osservano i suoi capricci pirotecnici, mentre i locali che tutto sanno, incuranti, continuano a lavorare.
Zigzagando per le vie, viene da chiedersi se sia nata prima l'Ape o l'isola. Incastri di muri, pendii e rovi. Questione di millimetri.
Marco con una mano regge il cellulare e con l'altra fuma, arrampicandosi sicuro con il suo "cross" più in alto di tutti gli altri. Là dove i giornalisti americani volevano andare nel dicembre 2002, quando la sciara è scivolata dentro il mare e per un attimo anche gli stromboliani hanno avuto un po' paura.