A Stromboli si diventa gatti. Specie quando cala la sera e ci si perde tra i gomitoli di strade. Nel buio, in silenzio, senza paura. Unica luce quella delle stelle, così grandi e numerose che anche i miopi riescono a contarle. Ma i turisti, più matematici che poeti, in tasca hanno sempre una pila.
"Iddu", il vulcano, brontola come una vecchia caffettiera. Silenzioso. A scatti. Bolle e ribolle, per spegnersi e infinitamente ricominciare. La mattina avvolge ogni cosa con il suo pennacchio fumoso, la sera, a volte, si concede: gli "stranieri" a bocca aperta e con qualche timore osservano i suoi capricci pirotecnici, mentre i locali che tutto sanno, incuranti, continuano a lavorare.
Zigzagando per le vie, viene da chiedersi se sia nata prima l'Ape o l'isola. Incastri di muri, pendii e rovi. Questione di millimetri.
Marco con una mano regge il cellulare e con l'altra fuma, arrampicandosi sicuro con il suo "cross" più in alto di tutti gli altri. Là dove i giornalisti americani volevano andare nel dicembre 2002, quando la sciara è scivolata dentro il mare e per un attimo anche gli stromboliani hanno avuto un po' paura.
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