giovedì 20 maggio 2010

Quando ci si ricorda dei freelance

Tempo di campagna elettorale per i giornalisti. Nelle prossime settimane, infatti, verranno eletti i rappresentanti regionali e nazionali dell'Ordine.
La notizia è che per la prima volta i precari, collaboratori e i freelance partecipano alle elezioni con dei loro rappresentanti, che, devo dire, si stanno dando molto da fare e già prima delle elezioni.
Nessuno però, secondo me, sottolinea una cosa: i precari sono una cosa, i freelance un'altra. Certo, è un guerra, nella maggior parte dei casi, tra poveri e disperati, ma si tratta di due pros
pettive diverse.
I primi sono solitamente sfruttati da un giornale che non li assume e li sottopaga. I secondi non sono legati a una particolare testata, ma cercano di essere indipendenti e di solito viaggiano in cerca di notizie da vendere. Poi, in Italia, purtroppo, le due cose vengono a coincidere e tutti si mettono sulla piazza, sperando di arrotondare compensi indecenti e vergognosi, se paragonati a
quelli dei colleghi contrattualizzati e tutelati dai sindacati.
In questi giorni si fa un gran parlare dei freelance. E' così tutte le volte che succede l'irreparabile. Questa volta è il caso di un fotoreporter, Fabio Polenghi, ucciso a Bangkok durante gli scontri tra esercito e Camicie rosse. Si trovava in prima linea, dove soprattutto fotografi e cameramen devono stare.
Su
Il resto del Carlino di oggi c'è un bel articolo di Lorenzo Bianchi. L'ho trovato molto sobrio e lo segnalo perchè, in questi casi, anche soltanto per solidarietà, è facile cadere nella retorica. Ci sono i "precedenti". I fotoreporter, testimoni scomodi, uccisi e poi dimenticati, in alcuni casi anche perchè freelance o giornalisti di testate minori.
A partire dal caso più emblematico di Kenji Nagai, giapponese (dipendente France press), ucciso in Birmania nel 2007 durante la rivolta iniziata con la protesta dei monaci buddisti. Steso a terra fece l'ultimo scatto al soldato che lo uccise. Il premio Pulitzer non andò a lui ma ad Adrees Latif, scrive Bianchi, che immortalò la scena (nella foto).
Tra gli italiani ci sono Antonio Russo, inviato di Radio Radicale, ucciso a Tiblisi nel 2000, guarda caso dopo che aveva recuperato del materiale sulle violenze russe ai danni dei ceceni. Raffaele Ciriello, morto a Ramallah nel 2002 sotto il fuoco israeliano ed Enzo Baldoni, rapito e ucciso in Iraq nel 2004, per mano di un fantomatico esercito islamico.
Sono solo alcuni (secondo Reporters sans frontières sono 12 i giornalisti uccisi dall'inizio del 2010), ma vanno ricordati e se necessario anche mostrati, proprio perchè non continuino ad essere considerati professionisti di serie B. Da vivi e da morti.

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