lunedì 18 gennaio 2016

Sotto le stelle di Uluru

E’ una Monument Valley australiana quella che tutti conoscono con il nome di Ayers Rock. In realtà il vero nome, quello aborigeno, è Uluru, il famoso monolite che cambia colore in base alla luce del sole. Principalmente rosso, il rosso mattone tipico del deserto australiano, a causa dell'alta percentuale di ferro, diventa ocra, bronzo o violaceo a seconda dell'ora e della stagione.

Tra i siti dichiarati Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco, Uluru è una sorta di gigantesco iceberg roccioso. E’ alto 380 metri, ma ben 7 chilometri sono sotto la superficie terrestre. Tanto che qualcuno si è spinto a ipotizzare che si tratti di un antichissimo satellite caduto e conficcatosi nel suolo terrestre.

Per i turisti una foto di rito, per gli aborigeni molto di più. Un luogo sacro. Un mito fondante. Uno dei racconti del Dreaming, il Tempo del sogno, quando per loro tutto ebbe inizio.

Ho scoperto il Dreaming grazie al mio compagno di viaggio Bruce Chatwin. Ne Le vie dei canti, infatti, spiega e ripercorre la mitologia aborigena.

Gli aborigeni sono tra i popoli indigeni più antichi della terra: la abitano da oltre 40 mila anni. Quel che ne resta oggi è purtroppo il risultato di anni di soprusi coloniali, mancata integrazione e scelte politiche non sempre adeguate. Ma questo è un altro discorso.

Tornando al Dreaming, si narra che in quel tempo gli antenati (creature ancestrali sia uomini che animali) crearono le cose, semplicemente nominandole. Prima di allora il mondo non esisteva, o meglio era un insieme confuso di elementi: è con la parola, il racconto, che tutto ha preso vita. E raccontare ancora oggi quelle storie significa tramandare più della propria cultura, bensì l'essenza stessa dell’universo.

Amo l'idea che la creazione coincida con il viaggio e il racconto.

I miti del Tempo del sogno sono tramandati ancora oggi in forma di canti: ogni canto racconta il viaggio di scoperta degli antenati attraverso il mondo e la loro opera di 'creazione'. La cosa straordinaria è che ogni canto è una vera e propria mappa, valida ancora oggi per muoversi attraverso l'Australia. Nel canto ci sono riferimenti ai luoghi sacri (ex. Uluru) per ogni tribù, la storia della loro nascita e il cammino per raggiungerli. I canti sono tramandati e custoditi gelosamente dagli aborigeni, che ci rivelano e consentono di visitare o fotografare solo una parte dei loro luoghi sacri.

Tra questi, Uluru è il 'monumento' per eccellenza, un insieme di miti e luoghi creati dagli antenati durante il loro viaggio di scoperta e creazione, lungo il quale lasciarono numerose tracce del loro passaggio. Per esempio, secondo il mito, Tatji, la Lucertola Rossa, giunse a Uluru e lanciò il suo boomerang (kali) che si piantò nella roccia. Tatji scavò nella terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi sulla superficie della roccia, tuttora visibili. Non avendolo trovato, morì in una caverna: i grossi macigni che vi si trovano oggi sono i resti del suo corpo. E così molte altre storie a spiegare le caratteristiche del gigantesco monolite.

Quello che per noi è una semplice roccia, insomma, per gli aborigeni può avere un significato enorme. Monumenti sacri naturali, che meritano il loro e il nostro rispetto.  Tanto che nella costruzione della ferrovia che attraversa da Sud a Nord l’Australia – racconta Chatwin – il governo e la compagnia che doveva decidere l’itinerario ha consultato gli aborigeni per preservarne i luoghi sacri. Uno dei pochi accorgimenti dedicati dai vecchi governi australiani alla popolazione indigena.

Anche per questo, il passaggio di proprietà di Uluru dal governo australiano ai legittimi proprietari ha segnato una tappa fondamentale nella lotta per il riconoscimento dei diritti degli aborigeni. Nel 1985 l’Uluru-Kata Tjuta National Park è stato restituito alla comunità locale degli Anangu che ora possiedono l'intera zona e la amministrano con l'ente governativo federale.

Gli Anangu hanno richiesto più volte che i turisti non scalino Uluru, nel rispetto del luogo sacro e anche per questioni di sicurezza. Ma c'è chi continua a farlo.

Io ho preferito cenare sotto le stelle di Uluru, un'esperienza meravigliosa, perché gli astri dell'emisfero australe non sono gli stessi che vediamo in quello boreale. Ed esattamente come i sogni aborigeni, anche le stelle dall'altra parte del mondo raccontano di miti e leggende a noi sconosciute.


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