mercoledì 13 gennaio 2010

Gaza, la difficilissima laurea di Berlanty


Vivere a Gaza significa anche laurearsi in Chiesa. Un altare al posto della cattedra e i fedeli a fare le veci dei colleghi di facoltà. È più o meno quello che è successo a Berlanty Azzam, una studentessa ventiduenne, divenuta simbolo delle restrizioni di movimento imposte da Israele agli abitanti della Striscia. Dopo essere stata allontanata dalla Cisgiordania, bendata e ammanettata, perché studiava «clandestinamente » all'Università cattolica di Betlemme, Berlanty ha finalmente ricevuto il diploma in business administration dal vicerettore Peter Bray e dell'arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico vaticano in Terra Santa. Il tutto nella Chiesa della Sacra famiglia di Gaza city. «Per me è un giorno bellissimo - ha commentato - e allo stesso tempo triste, perché non mi sono potuta laureare con i miei colleghi di università. Ma ho sfidato l'occupazione e ce l'ho fatta, nonostante tutte le difficoltà».
Nel 2005 Berlanty ottiene un permesso religioso, in quanto cristiana, per recarsi a Betlemme. Lì si iscrive all'Università cattolica, la più importante della Cisgiordania, senza fare mai ritorno a Gaza, finché un giorno, a tre esami e due mesi dalla laurea, incappa in un checkpoint volante.
«Mi trovavo a Ramallah, di ritorno da un colloquio di lavoro - racconta - e dopo aver controllato la mia carta d'identità, i soldati mi hanno prima trattenuto per sette ore senza dirmi nulla e poi nella notte mi hanno condotto al valico israeliano di Eretz».
«Dal 2000 Israele ha aumentato le restrizioni tra Gaza e la Cisgiordania, specie per gli studenti - spiega Sari Bashi, direttrice dell'ong israeliana Gisha, che difende i diritti di movimento dei palestinesi e che ha fornito assistenza legale a Berlanty -. Anche quando non ci sono singole informazioni contro di loro, come in questo caso, soprattutto per l'età, vengono considerati un profilo a rischio. Si ritiene che in Cisgiordania potrebbero decidere di iniziare un'attività ostile: università e importanti istituzioni accademiche sono ritenute serre per terroristi in erba e per questo si vieta a tutti gli studenti di entrare».
«Ci risulta che Berlanty avesse fatto richiesta di iscriversi all'università di Betlemme, ma era stata rifiutata - replica Guy Inbar, portavoce del Cogat, l'organo che coordina le attività governative israeliane nei territori occupati -. Poi ha ottenuto un permesso di entrata per motivi personali, di soli cinque giorni, e quindi per noi non era autorizzata a rimanere».
In dicembre il tribunale militare (Gaza è un territorio assediato) si era definitivamente pronunciato sul caso, negando a Berlanty il permesso di studiare a Betlemme. Da allora l'ateneo ha adottato tutti gli escamotage possibili per aiutarla, come esami in videoconferenza e via internet, fino all'arrivo della delegazione per la consegna del diploma a Gaza. «L'università - ha dichiarato il vicerettore - non poteva permettere che l'esercito israeliano le impedisse di laurearsi».
Ma Berlanty non è l'unica. «Avevamo centinaia di ragazzi provenienti da Gaza - ricorda Jack Curran, vicepresidente per lo sviluppo dell'Università cattolica di Betlemme - oggi c'è solo lei. Le autorità israeliane avevano assicurato che avrebbero valutato caso per caso, ma per qualche strana ragione dal 2007 nessuno studente, dopo aver passato i nostri test di ingresso, ha ricevuto il permesso di entrare».
Prima del 2000, secondo Gisha, erano 15 mila gli studenti che da Gaza si recavano in Cisgiordania, anche perché alcune facoltà non sono presenti dentro la Striscia. Si calcola, invece, che siano 25 mila le persone con un documento di Gaza che vivono e lavorano in Cisgiordania, col rischio perenne di essere scoperti e deportati come Berlanty.
Dopo che Hamas ha preso il potere nel 2007, le restrizioni alla libertà di movimento hanno subito un'ulteriore stretta ed oggi si può raggiungere la Cisgiordania solo in casi di estrema necessità medica e umanitaria. «Ironicamente per uno studente di Gaza è più facile studiare all'estero (cosa comunque difficile) che in Cisgiordania - conclude Bashi - come se per Israele fossero due stati diversi e non due parti dello stesso territorio».

di Anna Maria Selini

pubblicato su l'Unità

2 commenti:

RightStories ha detto...

questa storia insegna davvero tanto. grazie anna per avercela raccontata! e grazie per le segnalazioni su rosarno...ti ho lasciato un post lunghissimo su rosarno, ma forse non l'ho firmato.
baci,
Raffy

ANNA MARIA SELINI ha detto...

grazie a te raffy, hai fatto davvero un ottimo lavoro. ti abbraccio