mercoledì 29 aprile 2009

Lost in Gaza

Gaza è un pugno in faccia. Dritto sul naso. Accedendovi dalla parte israeliana, occorre prima passare attraverso l'avveneristico terminal di Erez, seguire un lungo e asettico corridoio, superare controlli, tornelli, telecamere e infine sfilare sotto tettoie a cielo aperto. Una volta usciti, ha inizio la camminata spettrale. Una passerella sulla luna. Il nulla, nemmeno case distrutte. Quelle arrivano, ma c'è tempo per prepararsi al peggio. Un chilometro di tempo, tra polvere e silenzio, interrotto solo dalle insistenti voci dei facchini, moderni Caronte per 20 schekel o poco meno.
Dicono che sulla destra sorgesse una grande fabbrica. Oggi occorre un enorme sforzo di immaginazione per disegnarla tra le macerie. La porta di un campo da calcio, in lontananza, è l'unica sopravvissuta, mentre case e palazzi sembrano ruderi preistorici.
Superate le insistenze dei facchini e dei tassisti, c'è il check point di Hamas. Semplice dichiarazione delle proprie generalità, in alcuni casi controlli delle valigie, soprattutto per verificare la presenza di alcool, vietato e per questo richiesto da tutti gli stranieri che vivono a Gaza. "Name, surname, job", ma anche "single o married?" è la curiosa richiesta degli uomini barbuti.
Poi il secondo pugno, anzi la sfilza di pugni. L'Abruzzo terremotato, che non ho visto prima di partire, me lo sono immaginato così. Chilometri di macerie, case adagiate su se stesse, implose, come i grandi grattacieli americani quando li fanno saltare. Solo che qui c'era dentro la gente. E poi le tende, i rottami, le strade sterrate e i bambini che ti corrono incontro attirati dal business della telecamera. Disperazione che diventa sopravvivenza.
Carretti trainati da somari, ma anche moto, nuovissime (fatte entrare dai tunnel al confine con l'Egitto), che sfrecciano nella capitale, Gaza City, una Napoli colorata, sfacciatamente orgogliosa, cenere cipolla e clacson. Risparmiata dalle bombe, ad eccezione soprattutto dei palazzi ministeriali, i simboli di Hamas, sembra andare avanti, come se niente fosse. Rassegnazione sopravvivenza o abitudine?
Il porto di Gaza, su cui si affaccia la mia finestra, la mattina rieccheggia ancora di cannonate. Spari di avvertimento, ma non solo, per i pescatori, a cui è stato concesso uno spazio di sole 3 miglia, invece delle 20 previste dai trattati internazionali.
La distruzione peggiore è al nord, Jabalia, nuovi campi profughi dentro i campi profughi. Case dimezzate, quadri appoggiati sui calcinacci, bambini che giocano con le scarpe abbandonate tra le macerie, in alcuni casi, dicono, con i resti di fosforo bianco.
Sono due le immagini che non scorderò, più di tutte le altre: un bimbo di due-tre anni, in mezzo ad una strada trafficata, solo e completamente disorientato. Quando ci siamo avvicinati, si è spaventato, forse per i colori e le lingue diverse dalla sua. Ma nemmeno l'arabo l'ha tranquillizzato. Aveva lo sguardo assente, allucinato, come se stesse assistendo in quel preciso momento a qualcosa di tremendo. Poi un palestinese l'ha preso in braccio, lui ha prima opposto la sua fragile resistenza, poi si è rannicchiato, adagiato, scigliendosi tra le braccia, come se l'incubo fosse finito in quell'istante.
Poi un'intervista, ad un medico, il responsabile dei servizi di assistenza psicologica nei campi profughi. Non avevo mai visto un medico piangere. "Non eravamo preparati a tutto questo - ha detto - i nostri operatori, con una formazione alle spalle, non lo erano. Come possiamo dare forza alle altre persone, quando siamo i primi a non averla?".

3 commenti:

Andrea ha detto...

Qualcuno di voi si sarà chiesto certamente perché l´ottimo spionaggio israeliano e la grande capacità operativa delle sue forze armate non abbiano permesso di eliminare durante l´operazione "Piombo fuso" la leadership di Hamas, per esempio il suo "presidente del consiglio" Hanyeh. Oggi, grazie alla pubblicazione dei risultati delle indagini interne sul comportamento dell´esercito israeliano durante l´operazione, capiamo il perché. I dirigenti di Hamas, incluso Hanyeh, durante la guerra si erano nascosti nell´ospedale principale di Gaza, quello di Shifa, occupandone un bel pezzo. Avevano lì il loro centro di controllo e comando, usavano le ambulanze e i veicoli dell´Onu per trasmettere ordini e trasportare uomini e armi, si erano fatti consegnare camici da medici per travestirsi. Israele, conoscendo questi camuffamenti che sono proibiti dalla legge internazionale, scelse comunque di non attaccare l´ospedale, per evitare danni ai pazienti veri. Naturalmente nessuno dei disinteressati pacifisti, osservatori dell´Onu, giornalisti, ha sollevato obiezioni su questo comportamento né durante né dopo il conflitto.
L´esercito israeliano merita forse una lode per la civiltà dimostrata? Ma no, certo che no! Processi, merita, processi e diffamazioni, all´estero ma anche in patria (dai cosiddetti pacifisti). Non solo l´Iran e l´Egitto hanno in piedi dei processi contro i "criminali di guerra" israeliani, ma ci sono anche giudici spagnoli e norvegesi che conducono indagini sulle "violazioni" e "atrocità" israeliane. Eurabia pura. Per non parlare del tribunale internazionale per i crimini di guerra, della commissione d´indagine del comitato dei diritti umani dell´Onu, delle varie calunnie messe in circolazione da "Haaretz", eccetera eccetera.
Ogni commento è superfluo. Ma non una domanda non lo è: avete mai letto di indagini a carico di Hamas? Qualche avvocato ha mai denunciato, qualche giudice ha mai indagato sugli spari di razzi sui civili di Sderot, sul sequestro del soldato Shalit, sugli attentati suicidi che mirano ai civili e infine sulla scelta di usare scuole, ospedali, case civili e centri religiosi come basi militari, mettendo in pericolo la vita della gente comune? Sui giornali non si è mai letto niente del genere. Se ne conoscete anche solo uno, segnalatemelo. Gli manderò una grande cartolina di congratulazioni. Ma purtroppo non credo che accadrà

ANNA MARIA SELINI ha detto...

Gentile Andrea, alcuni giornalisti palestinesi hanno subito "pressioni", così le definiscono, anche da Hamas, durante l'offensiva. E' stato documentato da Panorama se ti interessa, subito dopo la guerra e anche riferito alla sottoscritta.
Per ora mi sono limitata a raccontare quello che ho visto e ascoltato direttamente, ovvero la distruzione e la disperazione della gente. Sono stata anche a Sderot, anche lì la gente soffre, è vero, in maniera diversa, ma soffre. Un giornalista deve raccontare, il giudizio, soprattutto politico, spetta ad altri.

Cloroalclero ha detto...

x Andrea: non ha attaccato un ospedale???

allora un ospedale è rimasto su!
Che sensibilità, che umanità questo idf!
e che cattivoni diffamatori questi pacifisti!!!

Prendersela cosi con un esercitone che è attento alle leggi internazionali e addirittura promuove "inchieste interne". Innocenti come neonati, questi elementi della clsse dirigente (e militare) di quello stato genocida.
Che fetentoni quelli che dicono il contrario: solo propaganda!