sabato 23 gennaio 2010

Nella Striscia è battaglia a colpi di cartoon


A Gaza anche i cartoni animati diventano un’arma. Politica, con la tv di Hamas che fa il verso ai poliziotti dell’Anp, o umanitaria, per mostrare al mondo le conseguenze dell’embargo israeliano sulla salute di un milione e mezzo di persone.
Bahlul in arabo significa «buffone» ed è il nome del protagonista di una serie di cartoon che verrà trasmessa da Al Aqsa, la televisione di Hamas, il movimento islamico che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza.
Bahlul appartiene alle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), controllate da Abu Mazen e viene ritratto mentre lucida e bacia le scarpe a un soldato israeliano. Un messaggio fin troppo esplicito del canale di Hamas contro Anp e Fatah, il partito rivale che governa in Cisgiordania.
Il cartone è già stato trasmesso in prova all’inizio del mese e, secondo i gestori della tv, avrebbe riscosso un "grande successo». Nelle prime puntate Bahlul dichiara a un soldato israeliano: «Il mio compito è proteggere gli insediamenti in Cisgiordania», assicurandogli di essere disposto ad arrestare i propri parenti, sparare al fratello e divorziare dalla moglie se soltanto glielo ordinasse.
Ma le coltellate politiche vanno ben oltre, fino al punto in cui si vede Bahlul che osserva un israeliano massacrare un gruppo di bambini in Cisgiordania e bere il loro sangue. «Tu hai ucciso i nostri bambini davanti ai miei occhi - dice il palestinese - e io ti risponderò con ancora più pace».


Fatenah, invece, è la protagonista dell’omonimo film d’animazione, il primo di produzione palestinese, sponsorizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nei giorni scorsi presentato per la prima volta, dopo in Cisgiordania, anche a Gaza.
Fatenah è un nome di fantasia, ma è ispirato alla storia vera di una ventisettenne di Gaza, che vive e sogna il suo futuro, come tutte le giovani donne dentro e fuori la Striscia. Un giorno toccandosi il seno avverte la presenza di un nodulo sospetto. E da lì inizia il suo calvario.Ci vorranno sei mesi prima che il tumore le venga diagnosticato e possa avvicinarsi al valico israeliano di Eretz. Sei mesi in cui si scontrerà con il conservatorismo dei medici palestinesi, con la burocrazia per poter uscire e con le umiliazioni dei soldati israeliani, che la costringeranno anche a spogliarsi. Finché sarà troppo tardi e Fatenah morirà proprio prima di attraversare quel cancello che separa Gaza dal mondo.
A un anno dalla fine dell’offensiva militare israeliana «Piombo fuso», le agenzie delle Nazioni Unite e l’Associazione internazionale per le agenzie di sviluppo (Aida), hanno evidenziato l’impatto dell’isolamento di Gaza dal punto di vista sanitario, chiedendo l’apertura dei valichi.
«La chiusura continua sta minando il funzionamento del sistema sanitario e mettendo a rischio la salute di 1,4 milioni di persone - ha dichiarato Gaylard, il coordinatore degli affari umanitari per l'Onu. Come Fatenah, 27 persone solo nel 2009, sono morte nell’attesa di uscire da Gaza per potersi curare.

di Anna Maria Selini

pubblicato su l'Unità

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