lunedì 21 dicembre 2015

Io viaggio da sola

E' come ascoltare la tua canzone preferita a tutto volume, dimenandoti tarantolata davanti allo specchio. Scena cult di "Io ballo da sola" del grandissimo Bernardo Bertolucci.

Io, invece, viaggio da sola.

"Da sola in Australia?" E' stato il commento più gettonato degli ultimi tempi. Tra lo stupito e il disapprovante. Facendomi sentire una sorta di aliena(ta), disadattata, asociale, stramba, "che se poi ti capita qualcosa un po' te la sei cercata".

Nutro anche una schiera di fedelissime fan, certo, ma le amiche, soprattutto quelle con pargoli, per quanto fantastiche, non valgono.

Sarò stramba davvero, forse, perchè a me piace proprio e soprattutto ne sento spesso il bisogno. Andarmene e, se le condizioni lo permettono (non sono del tutto incosciente, anche se forse mia madre ha spesso pensato il contrario), farlo da sola.

Ma voi davvero non lo sentite questo impulso urticante di vedere il mondo? Davvero la stanzialità vi si adatta perfettamente? Non vi spegne a lungo andare? E non vi piace questo silenzio, questo guardar fuori dal finestrino e vivere ogni scoperta, figuraccia, slancio, come se foste ogni volta una nuova persona?

"Devi viaggiare (e scrivere) per essere felice" mi ha detto una delle mie migliori amiche tempo fa, dimostrando di conoscermi meglio di quanto forse lo faccia io. Lo stesso, chi per un Natale ormai lontano mi ha regalato un atlante, uno zaino e il taccuino degli scrittori, una moleskine.

Certo, non dico sia tutto oro. Quando a Natale, nonostante tu sia dove volevi essere, e attorno a te ci sono solo coppie sbaciucchianti in viaggio di nozze e famiglie (apparentemente) felici, ti senti davvero un po' stramba, oltre che sola, ma fa parte del gioco. E almeno per me ne vale la pena.

Se poi questa condizione è quella ideale per scrivere, come ora, tra valigie e volo in ritardo, attaccata ad una curiosa presa della corrente che sembra ricaricare anche me, io davvero non sento il bisogno di altro.

Chissà, mi domandai, se il nostro bisogno di svago, la nostra smania di nuovo, era in sostanza, un impulso migratorio istintivo, affine a quello degli uccelli in autunno - scrive Bruce Chatwin, il mio unico compagno di viaggio, ne 'Le vie dei canti' -. La selezione naturale ci ha foggiati per una vita di viaggi stagionali a piedi in una torrida distesa di rovi o di deserto. Se era così... allora era più facile capire perchè i pascoli più verdi ci vengono a noia, perchè le ricchezze ci logorano e perchè l'immaginario uomo di Pascal considerava i suoi confortevoli alloggi una prigione.

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