“No ai negoziati, Autodeterminazione”. Significano questo le scritte “Jo negociata” che tappezzano i muri delle città kosovare. È solo una delle campagne “virali” con cui gli attivisti del movimento Vetevendosje cercano di sensibilizzare la popolazione kosovara sulla corruzione dei propri governanti e la natura antidemocratica della presenza internazionale.
“Gli internazionali vorrebbero portarci la democrazia stando al di sopra della legge - spiega Fatime, 27 anni, che ha passato l'adolescenza in Germania ed è rientrata in Kosovo nel 2000: - è come picchiare un bambino per insegnargli la non violenza. Insistono sulla questione etnica per tenere divisa la gente. Serbi e albanesi, invece, dovrebbero lottare insieme per un paese più giusto”. Del movimento però non fanno parte giovani serbi, che sono meno del 10% della popolazione. Fatime racconta del febbraio 2007, quando la polizia Onu uccise due manifestanti: “noi avevamo megafoni, loro proiettili”.
Le prime azioni del movimento risalgono al '99, subito dopo la fine del conflitto serbo-albanese e l’ingresso delle truppe Nato. Nove anni dopo, il Kosovo si è dichiarato unilateralmente indipendente. Molti paesi Onu non lo riconoscono e 77 hanno approvato la mozione della Serbia per portare il caso alla Corte internazionale di giustizia. Sul territorio ci sono ancora Nato, missione Unmik delle Nazioni Unite e funzionari europei di Eulex.
Vetevendosje continua con le azioni: cartelli coi volti dei parlamentari e la scritta “wanted”, necrologi della risoluzione Onu 1244, quella che autorizzò – a posteriori - i bombardamenti Nato sulla Serbia di Milosevic, pur riconoscendone la sovranità sul Kosovo. Graffiti sui muri recitano “EU= idiot” e sui cassonetti d'immondizia c'è il nome di Ahtisaari, il mediatore finlandese che ha condotto le trattative post conflitto e vinto il Nobel per la Pace 2008.
di Giulia Bondi
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