venerdì 6 marzo 2009

Viaggio tra il popolo della social card

La signora Malvina, 88 anni, come tanti altri anziani, a dicembre ce l’aveva fatta. “Ok - si era sentita dire - lei ha tutti i requisiti per ottenere la social card” e così, felice e contenta, si era infilata subito in tasca quel prezioso pezzo di plastica da estrarre come un jolly alla cassa.
Centoventi euro (40 euro per tre mesi), per chi come lei ne prende 575 al mese di pensione, fanno una gran bella differenza. Peccato che, proprio alla cassa, si sia sentita dire: “Mi dispiace signora, ma la sua carta non è carica”.
Malvina però non si è data per vinta ed è tornata allo Spi, “Ci sarà di sicuro un errore – avrà pensato fiduciosa - se prima me l’hanno data vuol dire che ne ho diritto”. E invece, Malvina, il diritto l’ha perso per strada. Nel frattempo le è stato concesso l’assegno di accompagnamento (senza però averlo ancora percepito), che a fini fiscali non conta, mentre per la social card sì. E così, sulla pratica Inps – sotto gli occhi increduli degli operatori Spi - Malvina si è vista scrivere non più “ok” ma “ko”. Come si suol dire, oltre al danno la beffa.
Superati i primi mesi e usciti vittoriosi dalle gimcane burocratiche, cui i pensionati sono stati sottoposti per ottenere la social card, la confusione regna ancora sovrana e in molti si sono sentiti rispondere “Non idoneo”, senza capire il perché. I baciati dalla dea non troppo bendata, poi, hanno scoperto che non esiste la possibilità di controllare il credito residuo,come avviene per un normale bancomat o carta di credito, ma che, anzi, alla cassa, il pensionato, oltre al pin, deve ricordarsi a memoria anche tutti i conti e le spese sostenute fino a quel momento. Per non parlare della lista degli esercizi commerciali convenzionati, di cui finora non si è vista nemmeno l’ombra.
Il costo dell’operazione social card è stato di 450 milioni di euro e i fondi sono stati reperiti da Enel, Eni, dalla cosiddetta Robin tax, ma anche dal taglio di 170 milioni del fondo sociale previsto dalla legge sull’assistenza: quindi una partita di giro. Ventisei sono i milioni di euro andati a Mastercard per la gestione monopolistica della social card.
“A livello nazionale – spiega il segretario dello Spi di Bologna, Bruno Pizzica - a beneficiare della social card, secondo i nostri calcoli, saranno 937.500 anziani, non 1,3 milioni, come annunciato. Le misure dell’ultimo governo Prodi, invece, hanno riguardato oltre 5 milioni di pensionati e pensionate (3 milioni che hanno beneficiato della cosiddetta quattordicesima prevista dall’accordo sul welfare e oltre 2 milioni del bonus incapienti)”.
Finora in Emilia Romagna sono state assegnate 10.462 social card (su 13.174 richieste) contro le 22.203 della Lombardia, le 100.840 della Campania, le 29.767 della Calabria e le 95.466 della Sicilia. Quando andiamo in stampa, in tutto il paese, sono state distribuite 423.868 social card su 580.268 richieste, ma quante di queste siano state effettivamente caricate nessuno lo sa. A Bologna sono 2522 le domande accettate e 782 quelle rifiutate.
“La social card? Una bella boiata – sbotta la signora Teresa Ronca, 78 anni, di Bologna – mi hanno dato persino il pin, l’ho imparato a memoria e poi non me l’hanno mai caricata. All’Inps risulta che con la tredicesima di gennaio supero di 65 euro il reddito massimo. Mi hanno solo illuso e umiliato. Invece di tanto rumore per nulla, Prodi, in silenzio, ci ha dato molto di più”.
Le cause della mancata assegnazione della social card sono tra le più svariate. Dalla proprietà (per ogni nucleo
famigliare) di un garage, di una seconda utenza elettrica (basta l’allacciamento della luce per l’orto) fino a piccolissime rendite Inail o all’assegno di accompagnamento. Elementi questi ultimi, che non costituiscono reddito a fini fiscali, ma che invece vengono considerati per l’assegnazione della social card.
“Il problema è che se si verifica un errore, nessuno si dichiara competente per risolverlo – spiega Eleonora Cappelli, responsabile previdenza dello Spi di Bologna - e tutti i soggetti coinvolti, dall’Inps al Ministero, si passano la patata bollente, per non parlare del numero verde praticamente inutile, perchè i passaggi da seguire sono troppo complessi”. Ma non è finita qui. Se la carta ha una copertura di 30 euro e la spesa è di 31, alla cassa, il pensionato si sentesemplicemente dire “credito inesistente”, senza la possibilità di conoscere il credito residuo. L’anziano dovrebbe tenere i conti a memoria, centesimo per centesimo, di quanto spende. Per non parlare del disagio e dell’imbarazzo che tutto questo comporta.
“In questa storia – continua Cappelli – c’è stata fin dall’inizio poca chiarezza. Alcuni hanno ricevuto la carta e se la sono visti caricare, senza averne diritto, e adesso ci chiedono cosa fare. Noi consigliamo di non spendere quei soldi che probabilmente verranno richiesti indietro, anche se non è specificato da nessuna parte. L’Inps farà delle verifiche periodiche sui redditi e in caso di superamento dei criteri bloccherà l’assegnazione. Come farà non sappiamo, ma neldubbio è meglio non rischiare”.


di Anna Maria Selini pubblicato su La SPInta di marzo

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel pezzo! Ahimè, sottoscrivo le critiche verso la social card, illusione per quanti avrebbero bisogno di tutto... fuorché di illusioni.

ANNA MARIA SELINI ha detto...

Grazie Francesco. E' vero, in questo momento c'è bisogno di tutto tranne che di illusioni...

Anonimo ha detto...

La solita mossa di marketing politico sulle spalle dei davvero più deboli... intanto Mastercard in ogni caso ci guadagna!!!
che tristezza quest'italia (con la i minuscola!!!)