Ci siamo riconosciute già alla fermata del 27. Sembrava una di quelle pubblicità in cui tutte le donne a un certo punto abbandonano quello che stanno facendo ed escono per strada, incamminandosi velocemente nella stessa direzione.
Sguardi complici, mamme, figlie, straniere (poche), sciarpe bianche (unico simbolo della manifestazione), rossetto rosso e borsa al braccio. A piedi, di corsa, sull'autobus, eccezionalmente felici di stare strette, sudaticcie, accalcate.
Via Indipendenza è eccitata, ormonale. Dall'incrocio con via dei Mille è una moquette di teste. Finalmente si vedono gli uomini, più del previsto, e per fortuna insieme alle donne (non in fondo al corteo come voleva l'organizzazione). Sono loro a portare la maggior parte dei cartelli, (uno su tutti: "La giustizia è donna"), tra l'assenza sorprendente di sigle, bandiere e partiti.
E poi ci sono le amiche, anche le mie, con le mamme, le sorelle, i cappelli buffi e le macchine fotografiche.
Restiamo ferme apparentemente per più di un'ora. In realtà, la gente è talmente più numerosa del previsto che, mentre noi siamo ancora lì, la testa del corteo è già quasi in piazza. Sarà piazza Maggiore (inizialmente non concessa) il punto di arrivo della manifestazione. Bologna è scesa in strada, è ai balconi e alle finestre, non c'è questore capace di deviarla.
"Non ho mai visto una manifestazione con così tanta gente" mi ha detto una sindacalista che di cortei ne ha visti e contati. E' un'emozione che sfila sull'asfalto, una città che si rialza, un paese che forse dice basta.
Alla tv hanno detto che eravamo in 50 mila. Sul Crescentone, il gradone che ricopre piazza Maggiore, restava poco spazio. Ci abbiamo messo tre ore e una pausa gelato per arrivarci.
Niente schiamazzi, tensioni o slogan eccessivamente volgari, ma tanta ironia: "l'Egitto è riuscito a battere Mubarak. Noi a far battere sua nipote".
Strette dall'abbraccio dei portici bolognesi c'erano donne e tantissimi uomini, madri con le figlie, nonni, nipoti, coppie e amiche di tutte le età. A gran voce hanno chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Scendendo per strada hanno dimostrato che le donne si meritano e per questo esigono più rispetto. "La dignità delle donne è la dignità del paese". "Non siamo escort, non siamo madonne, siamo orgogliose di essere donne".
Grazie a Federica Tinti per le fotografie.
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