Stanno letteralmente saltando da una parte all’altra dell’Italia. Perché Mohammed, Abdallah, Ibrahim e Jehad fanno parkour, la disciplina nata nelle banlieu parigine, che consiste nell'oltrepassare ostacoli e barriere. Ma la barriera più importante l’hanno superata uscendo per la prima volta nella loro vita dalla Striscia di Gaza. Da Roma a Bologna, passando per Milano, Bergamo e Palermo, i quattro ragazzi palestinesi hanno incontrato studenti, insegnanti e altri atleti di parkour, allendandosi ed esibendosi con loro nelle scuole e nelle piazze italiane.
Un tour di due settimane, realizzato grazie ad una cordata di associazioni (Cooperativa Sociale Eureka Primo, Un ponte per, Assopace, Jalla Onlus, ACS e Provincia di Benevento) e finanziato dalla Provincia di Roma. “Per i ragazzi questo è un sogno – racconta Meri Calvelli, la coordinatrice del progetto –. Come tutti i giovani della Striscia, circa il 70% della popolazione, sentono la necessità di uscire da quella che è un'enome prigione, superando le barriere che bloccano la possibilità di una vita normale”. “Non credo che sia facile per voi capire cosa significhi uscire da Gaza - esordisce Ibrahim, 25 anni, manager del gruppo –. Venendo qui abbiamo percorso distanze che per noi finora erano inconcepibili”.
Un tour di due settimane, realizzato grazie ad una cordata di associazioni (Cooperativa Sociale Eureka Primo, Un ponte per, Assopace, Jalla Onlus, ACS e Provincia di Benevento) e finanziato dalla Provincia di Roma. “Per i ragazzi questo è un sogno – racconta Meri Calvelli, la coordinatrice del progetto –. Come tutti i giovani della Striscia, circa il 70% della popolazione, sentono la necessità di uscire da quella che è un'enome prigione, superando le barriere che bloccano la possibilità di una vita normale”. “Non credo che sia facile per voi capire cosa significhi uscire da Gaza - esordisce Ibrahim, 25 anni, manager del gruppo –. Venendo qui abbiamo percorso distanze che per noi finora erano inconcepibili”.
La Striscia di Gaza è un fazzoletto di terra lungo 40 km e largo al massimo dieci. I suoi confini sono controllati dall'Egitto e soprattutto da Israele, ex potenza occupante, che dal 2005 ha lasciato Gaza, ma che continua a decidere dell'entrata e dell'uscita di materiali e persone. Da quando governa il movimento islamista Hamas, inoltre, le operazioni militari israeliane, così come i lanci di razzi palestinesi su territorio israeliano, si susseguono, rendendo la vita della gente di Gaza un vero e proprio incubo. “I continui attacchi, la distruzione degli ambienti e delle infrastrutture ci hanno privato anche degli spazi dove praticare sport e hobby”, spiega Jehad, 24 anni. E così anche per questo i ragazzi hanno iniziato a fare parkour.
A dare il via è stato Abdallah, 24 anni, che già faceva acrobatica. “Ho visto un film su Internet e ho iniziato ad allenarmi – racconta - poi ho coinvolto gli altri. All'inizio non è stato facile, c'era ostilità verso di noi. Non è uno sport della nostra tradizione e quando ci arrampicavamo sui muri, ci scambiavano per ladri”. Oggi sono il primo gruppo di parkour di Gaza e tra i pochi del mondo arabo. Si allenano tutti i giorni “perchè questo non è solo uno sport, ma una filosofia che ti aiuta a superare le difficoltà”. “Quando uno nasce a Gaza, nasce già responsabile – dice Mohammed, 23 anni –. Vogliamo mostrare che nonostante tutto riusciamo a vivere normalmente, senza smettere di sognare”. E un altro sogno i ragazzi ce l'hanno già: creare una vera scuola di parkour a Gaza. In attesa che i muri si possano abbattere e non soltanto saltare.
di Anna Maria Selini
pubblicato su FamigliaCristiana.it
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