sabato 17 novembre 2012

Abdel, Omar e Jihad

Nelle ultime 24 ore le vittime palestinesi di "Pillar of clouds" sono salite a 30, mentre sono ferme a 3 quelle israeliane. Eppure le prime pagine dei giornali questa mattina sottolineavano tutte che dopo 20 anni un missile lanciato da Gaza è arrivato fino a Tel Aviv. E oggi, dopo 40 anni, un altro ha raggiunto Gerusalemme, per fortuna senza creare danni a persone.
In Israele sono stati richiamati 75 mila riservisti (per Piombo fuso furono 10 mila), le strade attorno alla Striscia sono state isolate e tutto lascia presagire che l'offensiva via terra stia per iniziare. E il rischio è che il conflitto questa volta valichi i già precari confini israelo-palestinesi.

Oggi sono stata disconnessa quasi tutto il giorno, giusto il tempo di un veloce scambio di mail con Abdel, un giovane volontario della Mezza Luna Rossa palestinese, che ho conosciuto nel 2009 a Gaza. Abdel mi aveva aiutato e messo in contatto con dei bambini affetti da tumore, costretti a curarsi fuori dalla Striscia per la mancanza di macchinari e terapie complesse. Nel tempo era riuscito anche a trovare un ong per farli curare negli ospedali italiani, tenendomi informata con grande entusiasmo su tutti gli sforzi e i progressi compiuti.

Oggi quando ci siamo sentiti, per la prima volta, non trovavo le parole. Cosa si dice a una persona mentre la stanno bombardando in diretta e lei non può scappare o mettere al riparo la sua famiglia? Stai attento? Mettiti al sicuro?
A Gaza nessun posto è sicuro. Non lo sono stati gli ospedali, i depositi dell'Unrwa, le scuole e le moschee, durante l'operazione "Piombo fuso", perchè dovrebbero esserlo ora? A Gaza non si possono riaprire i rifugi, le case non hanno un bunker sul retro e soprattutto le persone - ad eccezione degli internazionali - non possono essere evacuate, andarsene, scappare. Sono profughi e ostaggi nella stessa terra.

Nell'ultima riga Abdel mi ha allegato il link di un articolo apparso sulla prima pagina del Washington post di giovedì 15 novembre.
Mostra Jihad Misharawi, un giornalista palestinese della Bbc, con in braccio il figlio Omar, di 11 mesi, ucciso dai raid israeliani mentre si trovava in casa.
La foto di Jihad chino sul suo bambino, ha fatto il giro del mondo, diventando il simbolo del dolore dei civili palestinesi.

Jihad ha riferito che nella zona dove vive non erano presenti membri della resistenza. E su Twitter Paul Danahar, il responsabile dell'ufficio della Bbc per il Medio Oriente, ha scritto: "Se Israele può uccidere un uomo mentre guida una moto, come è potuto il figlio di Jihad rimanere ucciso?".

Sotto il link Abdel non ha aggiunto altro.


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