martedì 18 novembre 2008

F come Firenze

Where are you from? Firènze, risponde la ragazzina con perfetto accento toscano, la e aperta, un'aspirazione di fondo che coinvolge anche la f e la z. Accanto a lei, la nonna coi pantaloni alla turca, foulard in testa, una geografia di rughe sulla faccia. Siamo a Shtupel, nel centro del Kosovo, uno dei villaggi dove nel '98 è nata l'Uck e dove, pochi mesi fa, qualcuno ha fatto saltare una dozzina di case ricostruite per il rientro dei serbi. Qui, come nel resto di questo neonato paese, luglio e agosto sono i mesi del rientro della diaspora. Madri di famiglia con 3 o 4 figli al seguito stipano i voli diretti a Pristina. Nonne kosovare affettano cetrioli e angurie per merende di stagione. E migliaia di nipotini espatriati, molti dei quali parlano a stento la lingua madre, si preparano a una lunga estate nei villaggi.
“M'annoio”, mi aveva detto la mia vicina di posto in aereo, una teenager bresciana-kosovara vestita di marche contraffatte dalla testa ai piedi, ombelico a vista pochi centimetri sopra la cintura di sicurezza. “Fortuna che ad agosto andremo qualche giorno al mare vicino a Scutari. Al mio villaggio non c'è niente da fare”. Abbiamo iniziato a chiacchierare perché il suo lettore mp3 era scarico. Mi ha chiesto di ascoltare il mio, ci siamo divise una cuffia a testa. Paolo Conte cantava di Bartali, i Tiromancino descrivevano attimi, Madonna si sdilinquiva in urletti per l'uomo capace di farla sentire nuova e splendente, e l'Adriatico sotto di noi lasciava il posto al verde e marrone delle terre balcaniche. “Senti - mi dice dopo poco, sconsolata, - ma non ce l'hai Tiziano Ferro?”.

di Giulia Bondi

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