Un'attrice in abiti medievali declama un canto epico, incita i connazionali a cacciare lo straniero dalla propria terra sacra. Suore vestite di nero scattano foto con modernissime Nikon. Sacerdoti incartapecoriti agitano incensi, politici sudati depongono corone di fiori. Siamo a Gazimestan, 30 chilometri circa da Pristina. In un luogo qui vicino, detto Campo dei Merli, nel 1389 l'esercito serbo fu sconfitto dai turchi in un'epica battaglia. Esattamente seicento anni dopo, un celeberrimo discorso di Slobodan Milosevic segnò l'inizio della fine della Jugoslavia. È Vidovdan, giorno di San Vito e anniversario della battaglia. Per la prima volta, la festa si celebra nel Kosovo indipendente. Un gruppo di venti persone è arrivato a piedi da Belgrado dopo 15 giorni di cammino. Pullman sono arrivati da Mitrovica, tante famiglie sono in gita con le proprie auto, pellegrini, vecchi e bambini. I soldati irlandesi che presidiano il monumento tengono d'occhio tutti, fotografandoli con teleobiettivi potentissimi. Il comandante è molto gentile, organizza i tanti giornalisti presenti, proibisce solo di fotografare mezzi e installazioni militari. Le emozioni dei presenti, un migliaio di persone, vanno dal religioso al nazionalista. “Siamo venuti qui per dimostrare che il Kosovo non è un paese indipendente”, spiega Dane, 20 anni, arrivato da Novi Sad con i compagni del movimento Obraz, vicino a posizioni neonaziste. “Il Kosovo è Serbia, ci è stato tolto con la violenza e siamo pronti a riprendercelo con le armi”. Ci tiene a sottolineare che lui e i suoi amici sono giovani e forti. Ma come, gli chiediamo, non credi che ormai sia tempo di pace? “Questa non è pace”, risponde sicuro: “dove sono i diritti umani? La gente delle enclave non può uscire di casa, non è libera nel proprio paese. Questa è ancora una guerra”. Obraz significa onore. C'è chi indossa magliette “101% serbo”, chi si è tatuato sul braccio un eroe medievale, chi ha la scritta “libertà o morte” sopra il basco nero. Questi giovani non rappresentano tutta la Serbia, ma certo ne incarnano il mito, gli sconfitti dalla storia che rimangono indomabili, come Lazar, il condottiero di Campo dei Merli. L'effigie di Lazar, che durante la celebrazione sarà interpretato da un attore invasato vestito di pesanti velluti, ci accompagna fin dal mattino, mentre saliamo tra i campi di grano alla collina di Gazimestan. Troneggia sulle bottiglie di domacja rakjia, la grappa fatta in casa che Jovan, intraprendente cinquantenne di Gracanica, ha disposto in bella mostra sul cofano della sua Renault scassata, per allettare gli acquirenti con un mix imperdibile di alcol e nazionalismo. Forse è proprio lui l'unico vincitore della giornata.
di Giulia Bondi
1 commento:
bravi ragazzi! Kosovo è Serbia!!
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