Sulla facciata di una delle principali moschee di Pristina appaiono delle grandi scritte verdi, in arabo: è il segno dei sauditi. Dal 1999 a oggi, grazie a loro, decine di minareti e moschee, distrutti dal tempo o dalla guerra, sono stati ristrutturati o edificati da zero. E associazioni islamiche o magnati stranieri sempre più spesso offrono corsi di inglese, informatica, borse di studio o “incentivi” a kosovari particolarmente “meritevoli”.
Nora, per esempio, ha 20 anni e studia alla facoltà di legge dell’Università internazionale islamica della Malesia. Come lei, altri 24 studenti, provenienti dal Kosovo, hanno ricevuto una borsa di studio dalla Fondazione malese Al-Bukhary, che sponsorizza tutti i loro studi selezionando i migliori allievi dal Liceo Islamico di Pristina. “Il proprietario della fondazione – racconta - è l’ottavo uomo più ricco della Malesia”. In tutti i Balcani, i beneficiari sono alcune centinaia di studenti che altrimenti non avrebbero i mezzi per formarsi. Ma dietro la filantropia, secondo diversi osservatori, si nasconderebbe dell’altro, così come dietro al numero crescente di donne, specie giovanissime, che indossano il velo islamico.
“Questo fenomeno è completamente nuovo – commenta don Lush Gjergji, parroco della chiesa cattolica di Prizren e amico personale del compianto presidente Ibrahim Rugova – e si è diffuso solo dopo la guerra. Sono giunte molte organizzazioni e organismi anche di stati arabi che hanno un concetto di Islam estremamente diverso dal nostro, che è invece molto moderato, tradizionale, proeuropeo e procristiano. Ho la certezza che alcune di queste organizzazioni paghino una donna 500 o 1000 euro per vestirsi per qualche ora al giorno così, col fine di testimoniare la presenza islamica in Kosovo. Per fortuna la maggior parte dei fratelli albanesi rifiutano”.
Il centro studi Kipred, che tra i propri finanziatori annovera anche la fondazione americana Rockefeller, nel 2005 ha pubblicato uno studio sulle infiltrazioni del fondamentalismo islamico in Kosovo. “Abbiamo individuato dei rischi seri poco dopo la guerra – spiega il ricercatore Ilir Dugolli - con l’afflusso, a tre mesi dal conflitto, di circa mezzo milione di dollari per fare propaganda. A quanto ci risulta, il tentativo a oggi è fallito. La comunità musulmana non ha consentito l’ingresso di questo Islam politico dai paesi arabi. Non siamo immuni, però, da questo rischio. In particolare, è la disoccupazione, che va dal 40 al 60%, a preoccuparci. Anche se finora le infiltrazioni non hanno avuto successo, come in Bosnia, non bisogna lasciare libero questo spazio”.
di Anna Maria Selini
2 commenti:
L'infiltrazione dei fondamentalisti è davvero un problema, in Kosovo come in Bosnia. E,da quel che so, non sarei poi troppo certo della pochezza dei risultati. So di contatti tra estremsiti islamici e lwaswe swll'Uck, so di infiltrazioni "umanitarie". Il fatto è che i fondamentalisti hanno soldi,tempo e mezzi a disposizione e sanno aspettare, Guido Bologna
Hai ragione Guido. Questo argomento andrebbe approfondito con un'inchiesta e non sfiorato con un reportage. Intanto grazie, ogni segnalazione è sempre ben accetta. Anna
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