giovedì 22 aprile 2010

Weekend con Amira

L'ho inseguita per dei mesi. Fatta accerchiare da amici, avvicinata e sfiorata anche a Gaza. Ora non solo l'ho incontrata, ma ci ho passato un weekend a Torino - non esattamente tête-à-tête visto che eravamo in sessanta - ma finalmente ho avuto il piacere di conoscere Amira Hass.
Unica giornalista israeliana che vive in Cisgiordania, è corrispondente dai territori occupati del quotidiano israeliano Haaretz e tiene una rubrica settimanale su Internazionale. Voce tra le più critiche nei confronti dell'occupazione israeliana ("A Gaza l'occupazione non è mai finita" ripete sempre), pluripremiata per la sua indipendenza, non risparmia nessuno nemmeno sul fronte palestinese.
"'Se sono indispettiti significa che stai facendo bene il tuo lavoro'. Me lo disse un vecchio caporedattore - ha raccontato - dopo i miei primi articoli critici verso l'amministrazione israeliana. E' una frase che tengo sempre ben in mente".
Essere israeliana e criticare l'occupazione è molto più che un esercizio di libertà. Significa costringere le persone a vedere quello che non vorrebbero. Esattamente ciò che un giornalista dovrebbe fare, tanto per citare Orwell.
"Nei giorni scorsi ho forse pubblicato l'articolo più importante della mia carriera", ha detto e scritto la Hass. Spulciando tra le ordinanze dell'esercito, ha scoperto un emendamento ad un vecchio ordine militare israeliano, che potrebbe portare alla deportazione di migliaia di palestinesi, considerati "infiltrati" in Cisgiordania.

A rischio ci sarebbero soprattutto i palestinesi originari di Gaza, ma anche quelli che in questi anni si sono trasferiti per raggiungere parenti, per lavoro, studio o altro, senza un permesso (israeliano). Un po' come a ottobre era successo a Berlanty, considerata clandestina in Cisgiordania. Ovvero in quella che dovrebbe essere, con Gaza, l'altra metà del futuro e sempre più improbabile Stato palestinese.

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